La lotta alla sostenibilità nella filiera tessile è diventata una priorità per l'Unione Europea, e questa volta il focus è sul divieto di distruzione degli indumenti invenduti al fine di ridurre i rifiuti nel settore.
I Paesi membri dell'Unione Europea sostengono tale divieto, riconoscendo la necessità di affrontare il problema dei rifiuti tessili e del loro smaltimento, che rappresentano una delle principali fonti di emissioni di gas serra nell'Eurozona, contribuendo al 20% di tali emissioni.
Secondo le stime della Commissione europea, i cittadini dell'UE scartano quasi 6 milioni di tonnellate di tessuti ogni anno, ma solo un quarto di questa quantità viene riciclato. Il divieto sulla distruzione degli invenduti rappresenterebbe un passo importante nel percorso verso la sostenibilità, sostenendo gli sforzi già in corso da parte delle istituzioni di Bruxelles. Tuttavia, alcuni leader del settore e politici si preoccupano che un'eccessiva regolamentazione ambientale possa avere un impatto negativo sulle già fragili economie europee. Recentemente, il premier francese Macron ha chiesto una "pausa normativa" a Bruxelles per consentire all'Europa di concentrarsi sull'applicazione delle norme esistenti.
La necessità di disfarsi degli indumenti invenduti deriva dalla difficoltà dei rivenditori nel gestire i resi dei consumatori. Spesso i brand distruggono le scorte indesiderate per evitare che finiscano nel mercato parallelo. Nel 2018, ad esempio, Burberry ha bruciato 28,6 milioni di sterline di merce invenduta.
Già nel marzo dello scorso anno, l'Unione Europea ha presentato un piano per incoraggiare i protagonisti del settore a riciclare e riutilizzare in modo responsabile i prodotti di consumo, come abbigliamento e calzature, sottolineando l'impatto ambientale della distruzione di tali beni. La rapida crescita delle vendite online durante e dopo la pandemia ha amplificato ulteriormente questa emergenza ambientale.
Secondo la bozza, le piccole imprese sarebbero esentate dal divieto, mentre le medie imprese con un massimo di 249 dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro avrebbero più tempo per adeguarsi alle nuove norme. I dettagli, tuttavia, sono ancora in fase di discussione.
L'Unione Europea si impegna a promuovere una filiera tessile più sostenibile, riducendo gli sprechi e favorendo il riciclaggio e il riutilizzo dei prodotti. L'adozione del divieto di distruzione degli indumenti invenduti rappresenta un passo importante verso un'economia circolare e un futuro più sostenibile per il settore della moda.
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