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AltaRoma: primo giorno

Diario AltaRoma 2017

Sono passate solo poche ore da quando il sipario è calato sull’ultima edizione di AltaRoma e io mi ritrovo qui, a scriverne.

Davanti a me un foglio bianco.

L’adrenalina, la meraviglia e il sogno ad occhi aperti che una manifestazione simile lascia, mi appartengono ancora.

Sentimenti e sensazioni le mie derivanti da un’edizione vissuta, quest’ anno, in maniera totalizzante perché in realtà è questo che la moda rappresenta per me, un sogno che mi attraversa l’anima e mi riempio le viscere, senza possibilità di fuggire via. Proverò a mettere su carta l’AltaRoma contemplata dei miei occhi.

PRIMO GIORNO

Giovedì 26 gennaio. AltaRoma prende il via, pronta come non mai a produrre numeri da paura perché, al di là di quello che si possa pensare, l’alta moda italiana è viva più che mai e non smette di produrre sogni

Oltre 500 gli eventi

Oltre 250 le imprese e i professionisti impiegati

Oltre 2000 i membri staff

Oltre 3 milioni di euro l’indotto

2,5 milioni le pagine visitate (www.altaroma.it)

Oltre 1890 i partecipanti

Oltre 300 gli stilisti e i giovani creativi coinvolti

Oltre 1000 i brand ed esercenti presenti

Oltre 50 le località esclusiva impiegate

Queste le premesse. Queste le aspettative. Per scoprire come tutte saranno ampiamente superate l’appuntamento è presso il nuovo headquarter scelto per l’occasione: il Guido reni District, completamente riqualificato e caratterizzato da 23 spazi indipendenti l’uno dall’altro ma ognuno dei quali contraddistinto da elementi altamente identificativi.

L’onere e l’onore e di aprire la kermesse spetta alla maison Greta Boldini che con la sua sfilata, dal titolo “Come falene”, intende presentare al pubblico la donna immaginata dal giovane designer Alexander Flagella per la collezione fall-winter 2017/2018.

Le luci si spengono, la musica sale… Ha inizio lo show.

Al centro della passerella un vaso ricolmo di rose, omaggio all’indimenticabile

Franca Sozzani, storica direttrice di Vogue Italia scomparsa recentemente.

Accettazione, perdono e redenzione, questi i temi espressi fin dalla prima uscita in pedana. La donna è un’energetica falena che forse dopo tante sofferenze non ha più paura e timore di buttarsi nel fuoco della vita e affrontarne le difficoltà. Il chiaro obiettivo del gentil sesso espresso da Flagella è, infatti, quello di conquistare il mondo puntando su una bellezza pura dal gusto rétro, capace di toccare l’animo nel profondo e produrre intramontabili emozioni. I riferimenti spaziano da Grosz all’opera di Van Eyck.

A trionfare e’la giacca Barbour rivisitata nelle sue componenti essenziali,

affiancata da abiti finemente plissettati e in rare occasioni destinati a sfiorare delicatamente la sensuale caviglia femminile. Mi sento proiettata inesorabilmente in un’atmosfera tipica degli anni 40 perché è da lì che parte l’ispirazione per costituire la silhouette dell’intera collezione. Il capospalla è palesemente rubato dal guardaroba maschile dell’epoca per caratterizzare una donna che dal proprio uomo è capace di assorbirne anche la forza.

Fil rouge che lega, in maniera mai artefatta, questi capolavori è l’attenzione al tessuto in tutte le sue espressioni; viscose e sete richiamano i tulle ricamati passando per le crepes de chine e l’intramontabile e finissimo pizzo,

sapientemente lavorato. L’attenzione degli occhi più esperti ricade però sulle organze jacquard fil coupe’. Questo défilé lo definirei, senza dubbio, un colpo di genio inaspettato. Non pensavo che lo stile di Greta Boldini potesse rispecchiare il mio gusto ma, mentre guardavo sfilare le modelle, non c’era capo che io non desiderassi indossare, anche per occasioni importanti della mia vita.

Con una palette di colori a tratti istintiva e drammatica la collezione mi ha semplicemente stra convinto, toccando le corde della mia sensibilità nel modo giusto.

Le luci si rivolgono verso il basso, il mio primo viaggio è terminato. E’ tempo di dirigersi verso il secondo spettacolo in programma, verso un’altra giovane scoperta del mondo della moda italiano: Marianna Cimini, con la sua “teoria del bamboo”. Lo sguardo fisso della stilista sull’oriente si concentra sull’arbusto tipico della cultura giapponese che durante le tempeste più forti si piega senza aspettarsi mai. È questa la donna a cui Marianna dedica la sua attenzione perché l’essere più delicato ed esile può serbare all’interno la tenacia più estrema. Il bamboo, infatti, lo scoprirò solo alla fine, non e’solo una componente figurativa ma un autentico messaggio denotato e ripetutamente mostrato nelle stampe all- over. Ciò che amo di più delle meraviglie che sfilano davanti i miei occhi è vedere il sapiente utilizzo del colore e del nero, anch’esso portatore di un messaggio trasmesso con classe: la donna, alla quale forse non viene ancora lasciato lo spazio sociale che merita, è una creatura capace di trasformare le difficoltà e rendere, al contempo, ogni finale una splendida occasione per ricominciare a vivere, così come il nero trova equilibrio nel puro bianco di maxidress, camicioni e pantaloni.

Una collezione destinata a colpire nel segno e che soprattutto per una black and white addicted come me costituisce l’armadio dei sogni!

Abiti grembiule, longdress e piumini completano l’opera della designer milanese, campana di adozione che proprio come il bamboo dimostra di essere tenace e libera. Nel fashion system c’e’ bisogno da tempo di lei e delle sue linee semplici e regali. Chapeau!

Veloce cambio di look e via di corsa al party esclusivo realizzato per dare il benvenuto a questa nuova edizione che non poteva avere miglior inizio.

Non perdere la seconda parte del diario di AltaRoma, prossimamente online.

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